lunedì 9 luglio 2007

Telecom prima esternalizza e poi licenzia

Telecom, prima esternalizzati e poi licenziati I lavoratori: «Il problema sta nella legge 30»
Gli ex dipendenti, associati nella Anle, a un incontro con giornalisti e politici. Un dossier sui 3 mila addetti dismessi. I sottosegretari Gianni e Rinaldi: «Modificare le norme»
Antonio Sciotto
Roma
La Telecom ha tanti volti: i dipendenti scioperano l'1 giugno per chiedere chiarezza sul futuro del gruppo; ci sono i tanti collaboratori dei call center in appalto, solo in parte stabilizzati (ancora tantissimi lavorano in ditte in outsourcing senza il rispetto dei diritti minimi); ci sono gli addetti delle installazioni telefoniche, in mobilità da anni con assegni di 400 euro al mese e che in realtà spesso lavorano in nero per la stessa filiera, subendo molti infortuni. Ci sono, infine, gli ex dipendenti Telecom, oggi «esternalizzati», associati nella Anle (www.esternalizzati.it): ieri hanno tenuto un incontro pubblico presso la Federazione nazionale della stampa. I lavoratori hanno chiesto un incontro con i giornalisti e i politici in primo luogo perché sono i «grandi dimenticati» della parabola Telecom: il gruppo, all'inizio delle avventure dei «capitani coraggiosi» (i Colanninno boys, con il loro acquisto a debito) contava ben 120 mila dipendenti, via via assottigliatisi fino agli attuali 80 mila. L'Anle ha focalizzato la sua attenzione su un gruppo di 3 mila ceduti, di cui oggi riusciamo - grazie al lavoro dei volontari su Internet - a tracciare un profilo. Un interessante esperimento di autorganizzazione dei lavoratori, che pone una denuncia politica: le esternalizzazioni non sarebbero altro che «licenziamenti camuffati». Ebbene, il dossier Anle parla di 2.912 lavoratori ceduti dal 2000 al 2006, a 15 società di nuova istituzione o vere e proprie ditte in outsourcing. Il fatto è che queste imprese non mostrano, sin dalla loro nascita, una grande autonomia dall'azienda madre, ma piuttosto operano in un regime di vera e propria «monocommittenza» rispetto alla Telecom. Dopo qualche tempo dall'esternalizzazione, improvvisamente le commesse diminuiscono di volume, e dunque la società si trova «costretta» a dichiarare esuberi, e dunque a licenziare. In altri casi, le «dimissioni» sono state incentivate. Fatto sta che un buon 30% dei ceduti ha abbandonato le aziende: una percentuale superiore ai normali turn over, senza che poi si sia proceduto a nuove assunzioni. E' il perfetto identikit di licenziamenti «mascherati». «Tantopiù che una serie di cause intentate dagli esternalizzati è andato a buon fine, con la nullità del procedimento e il reintegro del lavoratore», ha aggiunto l'avvocato Enrico Luberto. I giudici hanno accolto 22 ricorsi legali contro 9 respinti: ma la causa vinta da un singolo lavoratore non può essere estesa all'intera cessione. Insomma, Telecom avrebbe creato delle «scatolette» vuote nei primi anni foraggiate da commesse, verso cui avrebbe indirizzato i lavoratori ritenuti già in esubero, ma scaricando la responsabilità del licenziamento: chi parlerà mai di 50 in mobilità alla Mp Facility, o di altrettanti alla Tnt Logistic? Sono aziende oscure e per nulla attrattive per i media, mentre farebbero certo più notizia un tot di esuberi dichiarati dalla ben più nota Telecom. Un processo favorito dalla legge 30, che con il decreto 276 ha modificato l'articolo 2112 del codice civile: il governo Berlusconi ha insomma «liberalizzato» le esternalizzazioni, rendendo possibile cedere rami che non avevano un'autonomia pregressa.«Urge una modifica della legge 30, che ripristini il senso originale dell'articolo 2112 del codice civile - spiega il sottosegretario allo Sviluppo economico Alfonso Gianni - E' un articolo nato per tutelare la continuità di impresa e del lavoro rispetto al cambio degli imprenditori, ma negli anni - e con le novità introdotte dalla legge 30 - è stato stravolto, in modo da favorire chi vuole liberarsi di lavoratori. La legge 30 va "superata", come dice il programma dell'Unione, e il punto delle esternalizzazioni è certamente uno dei più importanti su cui mettere mano».I lavoratori, passando alle esternalizzate, rischiano infatti di perdere le garanzie normative e salariali, ma soprattutto accedono a una «nuova precarietà a tempo indeterminato»: «Noi ci sentiamo comunque precari, perché siamo appesi alle commesse e rischiamo sempre di essere licenziati», ha spiegato Teresa Strambelli, parlando a nome degli ex dipendenti Telecom. Problemi che toccano anche altre aziende: basti pensare alla recente lotta dei lavoratori Wind di Sesto San Giovanni, esternalizzati alla Omnia Network, che oggi lavora su commesse della stessa Wind.Il sottosegretario al Lavoro Rosa Rinaldi, come Gianni, ha sottolineato «l'urgenza di rimettere mano alla legge 30», paragonando gli esternalizzati ai cocoprò dei call center: «Sono tutte forme con cui le aziende risparmiano sui costi o riescono ad aggirare le norme sul licenziamento. Una precarietà che ormai riguarda non solo i giovani o gli over 50, ma sempre di più chi ancora non ha neppure 50 anni. Come accade per gli installatori telefonici. Bisognerà avviare una "operazione trasparenza" sulla filiera, e sarebbe opportuno che Telecom si presentasse a un tavolo con il governo, cosa che finora non siamo riusciti a ottenere». Felice Casson, ex magistrato e oggi senatore dell'Ulivo, ha indicato due vie: «Velocizzare i tempi dei processi e rimettere mano alla norma sulle esternalizzazioni, superando l'attuale ambiguità sulle regole».

1 commento:

GIO ha detto...

Purtroppo è diventata una prassi consolidata la manovra delle esternalizzazioni... per saperne di più visita il nostro sito www.275out.it, il sito dei 275 esternalizzati di Wind. Siamo arrivati ai vertici della politica e dei media, ma il nostro destino non è cambiato e ora ci chiediamo se il nostro sia ancora un contratto a tempo indeterminato...
Bisogna opporsi alla legge 30! con tutta la forza possibile!